mercoledì 29 ottobre 2025

I Fenici, il popolo che inventò il rosso porpora

La storia di uno dei colori più celebri e preziosi dell'antichità, il rosso porpora, è indissolubilmente legata alla civiltà dei Fenici, popolo di navigatori e mercanti.

Melqart scopre la porpora sul muso del suo cane. Olio di Rubens. 1636

Il Simbolo dei Fenici: La Leggenda della Porpora di Tiro e l'Arte della Tintura
La storia di uno dei colori più celebri e preziosi dell'antichità, il rosso porpora, è indissolubilmente legata alla civiltà dei Fenici, popolo di navigatori e mercanti. Tutto ebbe inizio, secondo una delle leggende più suggestive, sulle spiagge dell'odierno Libano con un evento del tutto casuale, che coinvolse il dio Melqart e la bellissima nereide Tiro.
Si narra che durante una passeggiata romantica lungo la costa, Melqart decise di omaggiare l'amata con un dono speciale. A questo scopo, inviò il suo fedele segugio a cercare qualcosa di prezioso. Al suo ritorno, il cane aveva il muso macchiato di un colore vivace che, a prima vista, fu scambiato da Melqart per sangue. La preoccupazione del dio svanì presto quando si accorse che il colore proveniva dai resti di un mollusco, il murex o murice, che l'animale teneva ancora tra le fauci. Il composto, frutto della saliva del cane e del "sangue" del murice, una volta seccato, aveva assunto un brillante colore rosso porpora. La ninfa Tiro fu talmente affascinata da questa tonalità che pose a Melqart una condizione per sposarlo: le avrebbe dovuto confezionare un vestito dello stesso colore. L'ingegnoso dio raccolse dunque la quantità di molluschi necessaria per soddisfare il desiderio dell'amata, dando così origine a quella che sarebbe divenuta famosa come la "porpora di Tiro". Un'altra versione della leggenda sostiene invece che il primo abito tinto con questa sostanza fosse destinato al leggendario re di Tiro, Fenice. Egli fu così colpito dal colore che decise di chiamare i suoi territori Fenicia, ovvero "terra della porpora", stabilendo che il colore divenisse il segno della regalità per tutti i successivi sovrani. Nonostante la natura mitologica di queste storie, il ritrovamento di monete di Tiro raffiguranti un cane che addenta una conchiglia di murice suggerisce una derivazione fenicia di tali racconti.

Il Popolo della Porpora e l'Economia del Lusso
Al di là del mito, il ruolo della tintura nella storia fenicia fu cruciale. Il termine stesso "fenicio" (phoinix), con cui i Greci indicavano le città-stato costiere come Arwad, Biblo, Beirut, Sidone, Sarepta e Tiro, alludeva con ogni probabilità al colore rosso porpora e alla produzione dei tessuti porpora che rese famoso questo popolo nel Mediterraneo.

I Fenici erano mercanti abilissimi, che esportavano una vasta gamma di prodotti in tutto il Mediterraneo, tra cui oggetti in metallo, sculture in avorio, legno di cedro, vino e olio d’oliva. Tuttavia, divennero celebri soprattutto per i loro tessuti, noti per i colori accesi e la pregiata fattura. Persino Omero nell'Iliade lodò la ricchezza delle vesti prodotte dalle donne di Sidone. Anche gli annali assiri e l'Antico Testamento, in una lista di prodotti compilata dal profeta Ezechiele, menzionano le stoffe decorate offerte dalla città di Tiro, a riprova della loro importanza.

L'Industria Artigianale della Porpora
La produzione artigianale di questi tessuti di lusso, che servivano non solo da protezione ma anche come indice di status sociale e, quando molto pregiati, potevano valere come moneta, richiedeva un lavoro immenso. Purtroppo, a causa della scarsità di reperti tessili giunti fino a noi, il loro aspetto preciso e la tecnica di realizzazione sono poco noti. Le fonti antiche, come la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio (I secolo d.C.), forniscono tuttavia dettagli sulla produzione.

La materia prima era un liquido vischioso e opaco estratto dalla ghiandola mucosa di due tipi di molluschi: il Murex trunculus, usato per un tipo di porpora blu conosciuta come "blu reale", e il Murex brandaris, da cui si otteneva la rinomata "porpora di Tiro". Entrambe le tinture erano indelebili, una qualità rara e molto apprezzata.

La prima fase del processo prevedeva la raccolta di enormi quantità di molluschi, catturati tramite canestri di sparto usati come esca con avanzi di pesce e conchiglie. Una volta raccolti, i murici venivano tenuti in vita in vasche o stagni artificiali fino al momento dell'estrazione della ghiandola mucosa, contenente i composti chimici per la tintura. Per gli esemplari grandi si usava un attrezzo apposito, mentre quelli più piccoli venivano pestati interamente. Le ghiandole venivano poi messe in una grande vasca con acqua salata e riscaldate per dieci giorni. La tintura filtrata era inizialmente incolore, ma si trasformava in porpora grazie a una complessa reazione fotochimica non appena veniva esposta all'aria e alla luce del sole. Il processo, unito al calore prolungato, produceva un odore estremamente fetido, tanto che gli stabilimenti di produzione e i cumuli di conchiglie putrefatte si trovavano sempre fuori dai centri abitati e sottovento rispetto alle aree residenziali.

Un Commercio Lucrativo e un Simbolo di Regalità
La porpora di Tiro era estremamente costosa a causa della quantità esorbitante di materia prima necessaria: gli archeologi stimano che ci volessero circa 12mila molluschi per produrre circa 1,4 grammi di tintura, sufficienti appena per il bordino di un vestito. Per questo motivo, la porpora era a volte più cara persino dell’equivalente in peso di argento e oro, e i tessuti potevano raggiungere cifre esorbitanti. Teopompo, uno storico del IV secolo a.C., racconta che a Colofone, in Asia Minore, passeggiare con abiti di porpora era raro persino tra i re, perché il colore era venduto regolarmente come equivalente all’oro.

Per soddisfare la crescente domanda, che superò presto le riserve locali, i Fenici dovettero importare molluschi da altre regioni del Mediterraneo e dal golfo di Aqaba, nel Mar Rosso. La necessità di acquisire sempre più murici spinse i Fenici a fondare colonie oltremare, come dimostrano i cumuli di frammenti di conchiglie rinvenuti in Spagna, Tunisia e Marocco, testimoniando una produzione su larga scala.

Nonostante la scomparsa graduale dei Fenici, sottomessi dalla Grecia ellenistica e poi da Roma, la manifattura della porpora, di cui avevano posto le basi, continuò a fiorire. I Romani svilupparono tecniche proprie e la produzione durò nell’Impero Romano d’Oriente finché la dispendiosa attività non fu economicamente più sostenibile. La porpora rimase il simbolo della regalità per molti secoli, in Oriente e Occidente, come testimoniano l'imperatrice Teodora a Ravenna e Carlo Magno, che fu sepolto avvolto in un sudario tinto con la preziosa porpora dei re. Ancora oggi, la porpora di Tiro, pur potendo essere riprodotta a costi inferiori, resta associata alla regalità.


Adesso tocca a te. Rispondi alle domande proposte in questo quiz interattivo:

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