venerdì 21 febbraio 2025

Laocoonte, il grido della verità

Il canto di dolore di un uomo di fronte alla follia degli dei


Dieci anni di assedio, un inganno fatale e un solo uomo a guardare la fine.
La guerra di Troia durava ormai da dieci lunghi anni e nessuna delle due fazioni in lotta sembrava prevalere sull'altra. I greci, dopo innumerevoli quanto inutili tentativi di espugnare la città, avevano escogitato un piano tanto ingegnoso quanto diabolico: costruire un enorme cavallo di legno, nascondervi dentro i loro migliori guerrieri e fingere di salpare per mare, abbandonando l'assedio.
I troiani, ignari dell'inganno, caddero nella trappola e portarono il cavallo dentro le mura della città, convinti di aver ottenuto una grande vittoria. Solo Laocoonte, sacerdote di Apollo e uomo di grande saggezza, intuì il pericolo e cercò di mettere in guardia i suoi concittadini:
"Sciagurati troiani, non fidatevi di questo dono dei greci! Temo che nasconda un tranello mortale. Non vi sembra strano che i greci, dopo dieci anni di assedio, se ne vadano così, all'improvviso? E perché mai dovrebbero aver costruito un cavallo di legno tanto grande? Non sarà forse che dentro vi si nascondono i loro guerrieri più valorosi, pronti a sorprenderci nel sonno e a distruggere la nostra città?"
Ma le sue parole rimasero inascoltate. I troiani, accecati dall'orgoglio e dalla gioia per la falsa vittoria, non diedero ascolto al suo consiglio e lo derisero, accusandolo di essere un pazzo visionario.
Laocoonte, allora, per dimostrare la sua tesi, prese una lancia e la scagliò contro il cavallo di legno, facendolo tremare e risuonare. Ma da dentro non uscì alcun rumore, se non un debole scricchiolio. I troiani risero di nuovo e lo insultarono, mentre Laocoonte si ritirava, triste e rassegnato.
Quella notte stessa, mentre i troiani celebravano la fine della guerra con banchetti e festeggiamenti, i greci uscirono dal cavallo di legno e aprirono le porte della città ai loro compagni, che nel frattempo erano tornati di nascosto. Troia fu così distrutta e i suoi abitanti massacrati o resi schiavi.
Laocoonte e i suoi due figli, che avevano cercato di difendere la città, furono uccisi da due mostruosi serpenti marini, inviati da Apollo per punire il sacerdote che aveva osato sfidare la sua volontà. Laocoonte, morente, lanciò un ultimo grido di dolore e di rabbia contro gli dei e contro la follia degli uomini, prima di spirare tra le spire dei serpenti.
La sua morte, così come la sua profezia, rimase a lungo nella memoria dei troiani, come monito contro l'arroganza e la credulità. E la sua immagine, scolpita nel marmo, divenne simbolo della lotta dell'uomo contro il destino e della sua tragica impotenza di fronte alla forza degli eventi.



La fonte più celebre che narra le vicende di Laocoonte è l'Eneide di Virgilio, un poema epico scritto nel I secolo a.C. che racconta le avventure di Enea, un principe troiano che fugge dalla città distrutta e, dopo un lungo viaggio, arriva in Italia, dove fonderà la città di Roma.
Nel secondo libro dell'Eneide, Virgilio descrive la morte di Laocoonte e dei suoi figli, uccisi da due serpenti marini, e il vano tentativo del sacerdote di mettere in guardia i troiani sull'inganno del cavallo di legno.
La versione di Virgilio è diventata nel tempo la fonte principale di ispirazione per poeti, scrittori e artisti che hanno ripreso il mito di Laocoonte, simbolo della lotta dell'uomo contro il destino avverso.
Oltre all'Eneide, esistono altre fonti che menzionano Laocoonte, come ad esempio il Ciclo Troiano, una raccolta di poemi epici greci che raccontano le vicende della guerra di Troia, e le opere di alcuni autori greci e romani, come Omero, Sofocle e Igino.
Tuttavia, la narrazione di Virgilio rimane la più completa e dettagliata, tanto da essere considerata la fonte di riferimento per la storia di Laocoonte.


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