Un viaggio nell'arte dell'antico Egitto per scoprire perché le figure umane venivano rappresentate di profilo.
L'arte egizia, con radici che affondano nel IV millennio a.C., è celebre per la sua singolare rappresentazione di figure umane e divine. Ma perché gli Egizi disegnavano sempre le persone di profilo? La risposta risiede in una combinazione di intenti simbolici e praticità.
Nell'antico Egitto, l'arte non era semplice decorazione, ma una vera e propria forma di documentazione storica, religiosa e sociale. Le immagini che adornavano templi e tombe narravano la vita quotidiana, i rituali sacri e le gesta dei faraoni, comunicando un messaggio alle generazioni future e al mondo divino.
La peculiarità delle raffigurazioni egizie sta nella combinazione di diverse prospettive: il corpo è di profilo, mentre il busto, le spalle e l'occhio sono frontali. Questa scelta stilistica non era casuale, ma mirava a rendere visibili tutte le parti del corpo, rappresentandole nel loro "profilo migliore", ovvero come sono in realtà e non come appaiono all'occhio. Lo stesso principio valeva per i geroglifici, tanto che un'unica parola, "sesh", li indicava entrambi.
La mancanza di prospettiva, lungi dall'essere una limitazione, era un approccio intenzionale che consentiva una rappresentazione chiara e simbolica dell'ordine sociale e religioso. Le dimensioni e il posizionamento delle figure riflettevano la loro importanza e il loro status, mentre i colori, come il rosso per la pelle degli uomini, simboleggiavano vitalità. Come sottolinea Rosa Pujol, ogni elemento visivo nell'arte egizia aveva uno scopo specifico nel trasmettere le qualità essenziali del soggetto.
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